POLONIA
Tour 2006
Alzatevi, andiamo
(clicca
sulle immagini per accedere alla Galleria Fotografica)
7 luglio –
Ci piace il motto scritto su un camper austriaco, che abbiamo incontrato lungo
una strada d’Europa, lo facciamo nostro per iniziare la vacanza, che ha per meta
la Polonia.
Wir träumen nicht von
Leben,
wir leben unserem Traum
Noi non
sogniamo di vivere,
noi
viviamo il nostro sogno
Tomtom, in confidenza Tom, il saccente quadratino parlante, inizia
subito a dettare in modo perentorio la direzione, come se fosse la prima volta
che da casa ci dirigiamo verso Venezia! Il traffico è intensissimo, a tratti
fortemente rallentato: a mezzogiorno siamo solo a Brescia. Qui raggiungiamo il
violento fortunale che ieri sera ha rinfrescato Milano. Non ha perso la sua
forza, ci accompagna fino quasi a Tarvisio.
Dopo aver acquistato la vignette, che consente di viaggiare sulle autostrade
austriache, per 7 €, modica cifra se paragonata ai costi delle autostrade
italiane, ci addentriamo nella Carinzia. L’autostrada è circondata da fitti
boschi di fustaie, qua e là interrotti da radure, che aprono lo sguardo su
spettacolari scorci panoramici che, se fossero francesi, sarebbero
opportunamente valorizzati con adeguate aree di sosta, qui invece presenti ad
intervalli regolari, come ben si addice alla mentalità teutonica. Alle porte di
Graz ci fermiamo per la notte in un’ampia area di servizio.
Il
trasferimento
8
luglio - Il temporale della notte non ha spazzato via il grigiume. Ci mettiamo
in marcia sotto un cielo minaccioso che si apre con il passare delle ore. Nella
discesa verso la città imperiale lasciamo alle spalle i pendii boscosi per
immergerci nelle distese cerealicole, che danno un tono solare a tutto il
paesaggio.Superiamo Vienna utilizzando le sue tangenziali e ci dirigiamo verso
la Repubblica Ceca lungo la trafficata statale per Brno. I 20’ d’att2esa alla
frontiera e la consegna dei documenti d’identità ci riportano indietro negli
anni, destando in noi una certa emozione.
La Cechia ci appare molto cambiata rispetto al 1991, anno della nostra visita. I
suoi villaggi non sono più trascurati e grigi, i loro abitanti non camminano più
rasente i muri, c’è vita, c’è dinamismo, c’è intraprendenza. Se non ci fossero
le vecchie fabbriche e i grandi silos a ricordare l’illiberale passato, non si
noterebbero differenze con i borghi austriaci.
La
strada tra Brno e Ostava, al confine con la Polonia, ci sembra lunga ed è
faticosa. Essa è una nuova autostrada solo a tratti ultimata. Ciò fa impazzire
Tom, che si disorienta e inizia a dare indicazioni senza senso.
I
cantieri e il fondo stradale molto sconnesso rallentano di parecchio la
velocità. Il paesaggio è però gradevole: enormi distese agrarie tappezzano il
territorio ondulato. Una breve fermata consente a Giuseppe di inaugurare il suo
reportage fotografico.Il
confine tra la Repubblica Ceca e la Polonia è controllato solo in uscita,
transitiamo velocemente.
Seguiamo la statale in direzione di Cracovia fino alla deviazione per Oswięcim,
in tedesco Auschwitz, dove ci fermiamo per la notte nel posteggio custodito del
museo.
L’orrore
9 luglio -
Nel monastero delle Carmelitane iniziamo la nostra domenica riconoscendo nel
gesto dello spezzare il pane la grazia donata a ciascuno per la fratellanza tra
tutti.
E’ con
questo spirito che ci dedichiamo alla visita dei campi di sterminio di Auschwitz
e Birkenau.
Il
peggio del peggio non è niente rispetto all’orrore consumato nel secolo scorso.
Iniziamo la visita dal campo di Auschwitz. Esso è stato aperto nel 1940 presso
una vecchia caserma dell’esercito polacco. Si entra attraverso il famigerato
cancello con la scritta
"Artbeit
macht frei" ,
il
lavoro rende liberi
Esso
dava il benvenuto agli schiavi il cui unico destino era di morire di stenti. In
questo campo le baracche sono in muratura. Alcune custodiscono il ricordo delle
varie nazionalità martirizzate. Documenti e immagini cercano di fissare la
memoria di quell’immane tragedia. I lunghi elenchi di nomi, le pareti tappezzate
di fotografie con le date d’ingresso e di morte delle persone ritratte, le
storie d’intere famiglie, ci toccano profondamente perché tolgono l’attenzione
dai numeri della tragedia dirottandola su ogni singola persona: ciascuna con la
sua storia, ciascuna vittima unica di quella carneficina mondiale.
Non ci
piace lo spazio italiano. Non ci sono ricordi, né testimonianze. Si cammina
attraverso una lunga spirale di tessuto dipinto da famosi artisti, dove il
colore rosso e alcuni segni del comunismo soccorrono stilizzate e dolenti
figure. Ci piacerebbe chiedere a qualche polacco cosa ne pensa!
In
altri caseggiati tocchiamo con mano l’enormità dello sterminio. Dietro grandi
vetrine sono raccolti oggetti diversi: cataste di valigie, migliaia di occhiali,
centinaia di migliaia di scarpe, alcune protesi, quasi due tonnellate di capelli
che, orrore, venivano filati e poi lavorati in tessuti e ancora spazzole,
spazzolini da denti, pennelli da barba, lucidi per scarpe, vasellame vario.
Concludiamo la visita nel blocco delle camere a gas e dei forni crematori, dove
fu incenerito anche il corpo di San Massimiliano Kolbe, martire dei nostri
giorni che, imitando Cristo, non ha esitato a donare la propria vita per salvare
un padre di famiglia. Solo
il silenzio, anche delle parole, eleva il pensiero all’Altissimo in una
preghiera di perdono e di pace. Nel
pomeriggio raggiungiamo a piedi il campo di Birkenau.
E’ immenso. I tedeschi
prima di abbandonarlo hanno distrutto gran parte delle baracche, di cui
rimangono solo i camini, che sembrano braccia alzate verso il cielo a invocare
aiuto, e hanno abbattuto i forni crematori, che rimangono come un ammasso di
macerie. Accanto a essi è stato costruito un monumento a ricordo delle diverse
nazionalità, qui sacrificate al dio della razza pura. Visitiamo le baracche di
legno nel loro allestimento originale; ci rendiamo conto di come i prigionieri
erano torturati in ogni ora del giorno e della notte.
I
luoghi di Giovanni Paolo II
10
luglio - Dopo aver sofferto, gioito, atteso e festeggiato per la nostra e con la
nostra nazionale di calcio, lasciamo Auschwitz da campioni del mondo.
La
prima tappa della giornata odierna è Wadowice, la città natale di Giovanni
Paolo. E’ una cittadina il cui centro è posto sulla cima di un colle di un verde
territorio, che ci ricorda la Brianza. Posteggiamo il camper in un’area
custodita e raggiungiamo in pochi minuti il centro. Entriamo nella Basilica
Minore, che si trova nella piazza principale. La chiesa è affollata di fedeli in
ginocchio in preghiera. Seguendo un gruppo di pellegrini romani, che nel
frattempo è giunto, presso un altare laterale partecipiamo alla messa celebrata
in italiano dal loro sacerdote. Concludiamo la visita sostando in preghiera
presso il fonte battesimale, che ci ha donato un grande Papa. Alla Madonna del
perpetuo soccorso, affidiamo le nostre necessità famigliari.
Non
possiamo visitare la casa natale del Papa, perché il lunedì è il suo giorno di
chiusura. Nel palazzo di fronte, dove una volta c’era una latteria dove il
giovane Karol e suo padre pranzavano, ora c’è l’ufficio del turismo e un piccolo
museo, che visitiamo. Ha le testimonianze fotografiche della partecipazione del
mondo al lutto del 2 aprile 2005.
Proseguiamo quindi il viaggio fino a Kalvaria Zebrzydowska. Qui c’è il secondo
santuario mariano del paese. La chiesa è imponente; si erge sulla sommità di un
colle lungo le cui pendici ci sono numerose cappelle. Al suo interno si venera
Maria rappresentata in argento sull’altare maggiore e con un dipinto, che si
dice abbia pianto, in una cappella laterale. Interessante è il coro ligneo posto
dietro l’altare.
Il
nostro trasferimento odierno termina a Zakopane, rinomato centro turistico e
località sciistica sui Monti Tatra.
Salendo verso la montagna il paesaggio diventa alpino. Si viaggia piuttosto
lentamente sia per il traffico, rallentato dai cantieri stradali e dal fondo
piuttosto deformato, sia per la lentezza delle vecchie corriere, che sulle
salite sputacchiano, arrancano, sbuffano, lasciando dietro di sé una nera nuvola
maleodorante. La strada, che sale seguendo i crinali, concede belle visioni
panoramiche. Dove si allarga, ai suoi bordi mamme e bambini offrono in vendita
mirtilli, pelli d’agnello, ciabatte e maglioni frutto dell’artigianato locale.
Ci fermiamo davanti ad una sorridente bimbetta e compriamo per 12 złoty più di
mezzo chilo di mirtilli.
Concludiamo la giornata a Zakopane, dove alloggiamo al camping 97, oggi chiamato
Podkrokwą.
Zakopane
11
luglio - Zakopane è una cittadina con graziose case dai tetti spioventi e
articolati. E’ immersa nel verde delle abetaie, che dall’altipiano si spingono
in alto sui versanti dei Monti Tatra fino dove i venti freddi ne impediscono la
crescita. Nelle conche ombrose e riparate, c’è ancora ciò che rimane delle
copiose nevicate invernali.
Dopo
aver salutato le due renne, che riposano nel recinto dietro la reception del
camping, ci dirigiamo verso il centro senza un particolare programma, ma con uno
scopo: ottenere informazioni più precise circa la gita che vorremmo effettuare
domani. Zakopane è piena di vita, tanti turisti a passeggio per le vie e tanti
polacchi che, nella loro povertà, si ingegnano per vivere decorosamente. La
strada principale è un susseguirsi di piccole bancarelle che vendono formaggi di
pecora freschi e affumicati, pane fatto in casa, miele e marmellate.
Ci fa
tenerezza una nonnina che, appoggiata a una casa, sferruzza una candida lana e
produce babbucce e calze, che vende. I nostri sguardi si incontrano. Con un
gesto ci chiama e ci offre la sua merce. Compriamo un paio di calzettoni al
prezzo di 10 złoty, che equivalgono a 2,50 €. Ci colpisce il gesto che fa quando
le diamo la banconota. Prima di riporla nel suo minuscolo borsellino, la bacia,
come se avesse ricevuto un dono immenso.
Quindi
visitiamo la chiesa parrocchiale e subito dopo la vecchia chiesa parrocchiale,
costruita tutta in legno con le travi sovrapposte in modo che l’edificio si
regga senza l’uso dei chiodi. A chiudere le fessure tra una trave e l’altra ci
sono dei grossi canapi.
All’ufficio informazioni troviamo ciò che cerchiamo. Poi passiamo per il grande
mercato, dove sono in
vendita svariate merci, alcune facenti parte del mercato
globale, altre tipiche del luogo, come i montoni rivoltati e le pellicce a
prezzi davvero convenienti. Ci piacciono le bancarelle di ortofrutta, sembrano
la tavolozza dei colori di un pittore. Interessante è l’insieme dei cavoli:
cappuccio, rosso, cavolfiore, verza, cime di rapa e la quantità di patate.
Comperiamo un chilo di ciliegie per poco più di 1 €. Più avanti una sequela di
bancarelle vendono l’oscypek, un formaggio di pecora, compriamo il tipo
affumicato.
Raggiungiamo la stazione del trenino a cremagliera, che porta sulla sommità del
crinale che chiude a ovest l’altopiano. La zona d’inverno è il punto d’arrivo
degli ski lift e delle seggiovie, in estate offre molteplici divertimenti,
soprattutto per i bambini. Percorriamo la bella strada panoramica, che mostra la
catena dei Tatra e l’estensione dell’altopiano.
Un
leggero venticello fa avvertire meno l’azione bruciante del sole, oggi
particolarmente intensa.
Pranziamo su una delle terrazze panoramiche: spiedini grigliati, patate alla
brace e due ottime birre per la modica cifra di 50 złoty, poco più di 12 € in
due!
A metà
pomeriggio rientriamo in campeggio. E’ situato in un’abetaia, è strutturato
soprattutto per ospitare le tende, ma sta organizzandosi anche per accogliere
meglio le caravan e i camper. Mentre siamo in pieno relax, sistemati sulle
nostre poltroncine, uno scoiattolo rosso richiama la nostra attenzione. Egli
scende dall’abete che abbiamo di fronte e corre avanti e indietro tra i ciuffi
d’erba. Giuseppe inizia la caccia fotografica. Il grazioso roditore per un po’
sta al gioco. Sale e scende ripetutamente lungo il tronco resinoso, fa capolino
tra i rami, si esibisce in salti acrobatici, poi con grande destrezza passa da
un abete all’altro allontanandosi dalla nostra vista.
Il
fiume Dunajec
12
luglio - Ancora una giornata di tempo splendido, ideale per la gita sul fiume
Dunajec. Lasciato a riposo Tom, perché la sua cartografia, coprendo solo il 26%
del territorio polacco, non ci sarebbe di aiuto, torna in auge il vecchio
navigatore che, atlante stradale aperto sulle ginocchia, indica al provetto
guidatore strade, crocicchi e svincoli. Così da Zakopane attraverso piccole
strade secondarie raggiungiamo il paesino di Sromwce Wyzne, dove in località
Katy partono le zattere che navigano per un certo tratto il fiume Dunajec. Il
viaggio è piacevole. Il percorso si snoda sull’altopiano; è una zona rurale ben
tenuta e curata nei particolari di case e giardini, ma non ancora modernizzata.
Sulla strada incrociamo carri trainati da forzuti cavalli, alcuni carichi di
fieno, altri di carbone, fonte di energia ancora molto utilizzata. I rari
trattori si muovono lentamente, il cupo borbottio dei loro motori sembra
l’affannoso palpito di un vecchio cuore. Dove terminano gli erbai, la foresta
occupa il restante territorio. Attraversiamo il fiume Dunajec passando sulla
diga; in località Katy posteggiamo il camper in un’area custodita.
La
gita consiste nel discendere su una zattera 18 km di fiume. Il ritorno, se lo si
desidera, è effettuato mediante pullman, il tutto per l’equivalente di 11 € a
testa. Ci assegnano alla zattera 157.
All’imbarco tre suonatrici in costume creano la giusta atmosfera. Piotr ci
accoglie e ci fa sedere. Con noi la zattera ha raggiunto la sua capienza massima
di dodici persone. Si salpa. Piotr e il bel timoniere, vestiti con i costumi
locali danno il benvenuto e informano, in polacco, circa il percorso. Anche noi
riusciamo a seguire il discorso, perché siamo in possesso del depliant scritto
in italiano che abbiamo recuperato ieri presso l’ufficio del turismo di Zakopane.
Il
Dunajec nasce dai Monti Tatra ed è un affluente della Vistola. Il tratto che
percorriamo nei primi chilometri determina il confine tra la Polonia e la
Slovacchia. Questa particolarità è prontamente segnalata dagli operatori
telefonici, che inviano messaggini per indicare lemodalità telefoniche e le
promozioni. La discesa inizia placidamente, Piotr e il timoniere sono dotati di
due robusti rami di abete, che usano come leve, puntandoli sul fondo del fiume
per incanalare al meglio la zattera nella corrente. Poi entriamo nella prima
rapida. La zattera, che è formata da quattro canoe di abete unite insieme per il
lato lungo, sobbalza ed è bagnata dagli spruzzi più alti. Il fiume corre
solitario immerso in una grande foresta. La valle è odorosa, l’intensa
aromaticità della resina degli abeti a tratti è addolcita dal profumo di alcuni
alberi in fiore. Oltre allo sciabordio dell’acqua si odono i versi di molti
uccelli. Quelli acquatici stanno invece muti e immobili immersi nell’acqua o
appollaiati sui rari sassi emersi in attesa di uno dei tanti pesci che si vedono
sguazzare nell’acqua scura.
Col
cambio di direzione del corso d’acqua, muta anche lo scenario. Ci troviamo
inghiottiti in una lunga gola, chiusi tra alte pareti calcaree, la cui roccia
mostra i tormenti di un lungo e pressante corrugamento. Il fiume a tratti
languisce in calmi meandri per poi riprendere repentinamente la sua corsa con
brevi ed esaltanti rapide. Piotr scherza con i passeggeri. Cede il remo a un
simpatico ragazzino dove il fiume si distende in un’ansa molto profonda, il remo
a fatica tocca il fondo. Nel riprenderlo, Piotr se lo lascia scappare di mano.
Si mostra preoccupato, si dispera vedendolo andare alla deriva, poi lo agguanta
giusto in tempo per direzionare la zattera che sta entrando in una nuova rapida.
In
questo tratto la riva destra, di nazionalità slovacca, è percorsa da una
ciclabile, molto battuta dai turisti, che salutano i naviganti. Un’ultima ansa.
Si scorge sulla ciclabile la frontiera; ora il fiume è di nuovo tutto polacco.
Approdiamo a Koniecspeywn.
Nel
piazzale dei pullman, con in mano ben in vista i nostri biglietti di ritorno,
cerchiamo il mezzo, chiedendo ai vari autisti. Un ometto un po’ attempato ci
indica il suo, nostro pullman. E’ una corriera che risale agli anni della sua
gioventù, ma il nome, Autosan, è ben augurale!
Saliamo, con qualche scrollone parte. Poco dopo ci fermiamo per recuperare lungo
il fiume i rematori. Le zattere sono caricate quattro alla volta su dei camion.
La corriera ora è piena di turisti felici e di rematori stanchi che, cullati dal
traballante mezzo, si assopiscono. Il fiero autista si impegna a cambiare senza
strappi e ogni volta che incrocia un pullman alza la mano per salutare,
contraccambiato, il collega.
Ripreso il camper rimettiamo in pista Tom: dopo un po’ ritrova il segnale e
l’orientamento. Esso ci guida con grande precisione fino al camping 171,
Krakowianka, di Cracovia, non senza una sua arrabbiatura, perché alle porte
della città, invece di obbedire alle sue indicazioni, seguiamo quelle di un
grande centro commerciale per fare la prima spesa polacca.
Cracovia
13
luglio - Notte tranquilla, anche il rumore del traffico che si sentiva ieri sera
è cessato col buio. Il camping ha ampie piazzole per i camper e le caravan e un
vasto prato per le tende. La particolarità è che le prese elettriche sono del
tipo in uso in Francia; per noi questo non è un problema, perché viaggiamo
attrezzati per poterci collegare con le diverse prese europee….. che dovrebbero
invece essere uguali in ogni nazione, secondo la normativa UE! Esso è situato in
una zona periferica della città, ai bordi di un parco, a 5’ dal capolinea dei
tram 19 e 8, che portano in centro in circa 20’. (Il biglietto 2 złoty si
compera al capolinea).
Raggiungiamo il centro percorrendo un tratto della circonvallazione fatto a
parco. Esso era in origine il fossato adiacente alle mura di protezione della
città.
Addentrandoci per la via Franciszkanska sostiamo alla Chiesa Francescana, che
sta di fronte all’arcivescovado. Questa è la chiesa dove era solito pregare
Giovanni Paolo II. Qui offriamo al Signore la nostra giornata. Belle sono le
vetrate istoriate in stile arte moderna. La grande Piazza del Mercato, che si
dice essere la più estesa piazza medievale d’Europa, non dà questa immagine di
sé, perché il suo centro è occupato dal Fondaco dei Tessuti, il cui piano terra
ha una serie di negozi, che vendono monili d’ambra e diversi oggetti in legno e
vetro frutto dell’artigianato locale.
La
giornata limpida e tersa ci invita a salire sulla Torre del Municipio situata
vicino al Fondaco per godere di una visione panoramica della città. I gradini
sono alti 30 – 40 cm, richiedono un certo sforzo atletico che vale la pena di
sopportare. Il piano centrale della piazza è anche occupato dalla Chiesa di
Sant’Adalberto, uno dei due patroni della città; attualmente è in restauro.
Sul
lato orientale, davanti alla Chiesa di Santa Barbara, che in origine era la
cappella del cimitero e oggi è chiusa, c’è la stupenda Chiesa di Santa Maria.
Entriamo dapprima dall’ingresso principale, la porta dei fedeli. Subito alla
nostra destra troviamo esposto il santissimo Sacramento; sostiamo in preghiera.
La religiosità dei polacchi, che si manifesta anche con una curata e sentita
gestualità, ci rende testimonianza di una fede vissuta, cresciuta e fortificata
nel rischio del martirio. Poi, usciti, rientriamo dalla porta laterale per i
turisti, pagando anche la possibilità di fotografare. Mancano pochi minuti alle
11.50, ora in cui il polittico della pala dell’altare maggiore viene aperto. In
questa chiesa gotica domina il blu nelle sue diverse tonalità e l’oro. Blu
stellato è la volta a crociera, blu con disegni floreali le pareti. Azzurro il
fondo del polittico di legno intagliato e dipinto. I quadri che lo chiudono
narrano episodi della vita di Cristo. Il suo interno ha come scena principale la
Vergine dormiente. La sommità della pala presenta l’incoronazione di Maria.
Ammirevoli sono pure i pulpiti e il coro di legno intagliato.
Usciamo giusto in tempo per alzare lo sguardo verso i due asimmetrici campanili.
Allo scoccare di mezzogiorno, come per tutte le ore, un trombettiere si affaccia
all’ultima finestra del campanile più alto e suona una melodia di cinque note a
ricordo del suo antico compito medioevale, quello di sentinella della città.
L’ultima nota si interrompe bruscamente, perché la leggenda racconta che il
trombettiere morì colpito da una freccia mentre avvertiva la popolazione di un
imminente attacco. Il suo sacrificio salvò la città.
Troviamo quindi in una grande edicola un giornale italiano di ieri. Prima del
pranzo, che consumiamo in un locale della piazza, ci rechiamo al Collegium Maius,
la più antica università polacca. L’austero stile gotico e il suo armonioso
cortile fanno immaginare un clima di studio e una relazione docente – discente,
che proprio non abbiamo conosciuto nei nostri anonimi studi universitari.
Nel
pomeriggio lasciamo la piazza. Visitiamo la Chiesa di Sant’Anna, sorta come
cappella universitaria. Qui preghiamo per gli studi di Simone ed Eileen, poi
seguendo l’itinerario suggerito dalla guida ci rechiamo alla Chiesa di Sant’Andrea.
Entrando siamo subito invitati a lodare il Signore dal dolce canto delle
monache, che stanno salmodiando l’ora nona.
Concludiamo la giornata al Castello del Wawel. Esso si erge sopra la collina che
domina da un lato la città e dall’altro la Vistola. Entro le sue mura sorge la
Cattedrale, che conserva nelle sue cappelle le tombe dei re polacchi.
Lasciamo il castello passando per la Grotta del Drago. Secondo la leggenda un
terribile drago viveva nella caverna sottostante il castello e ne usciva per
uccidere il bestiame e le giovani fanciulle. Fu ucciso facendogli inghiottire
una pelle di pecora riempita di zolfo. All’uscita dall’antro, in riva alla
Vistola, una statua di bronzo del drago, dalla cui bocca esce il fuoco, congeda
i visitatori.
14 luglio - Il cielo completamente sereno annuncia un’altra
giornata molto calda, ma vivibile, perché i reflui d’aria
danno ristoro se ci si mette all’ombra. Con il tram 19 ci
dirigiamo nuovamente nella zona centrale della città. Il suo
percorso dà un’immagine della crescita di Cracovia
nell’ultimo secolo. Essa, espandendosi, ha via via inglobato i
sobborghi costituiti da semplici casette unifamiliari. Le poche che
hanno resistito sono ora sovrastate da enormi palazzoni popolari, che
si susseguono uguali, trascurati e anonimi. C’è poi una
periferia più prossima a sua volta costituita da palazzi un
tempo borghesi, è dimostrato dalle finiture delle facciate, ora
cadenti e tristi. Man mano che il tram viaggia si riempie di persone,
le osserviamo. In genere i polacchi hanno il tratto gentile. Di
corporatura prestante, manifestano colori chiari, particolare è
quello degli occhi azzurro o verde con una tonalità di grigio.
Le orecchie di molti sono a sventola, lo si nota soprattutto nei
bambini. Osservando delle belle ragazze, Giuseppe ricorda una battuta
del suo amico Bepi: "Ma dove s’erano tute queste beltà,
quando noi cercavamo moglie?"
Scesi
dal tram visitiamo Kazimierz. Sorto nel XVI secolo per volontà del re Casimiro
il Grande come municipio indipendente, fu incorporato a Cracovia alla fine del
1700. Kazimierz vide già dopo il suo primo secolo di vita l’insediamento di
molti ebrei, che qui si rifugiavano quando erano espulsi dalle loro città. Nel
1939 il quartiere ospitava 65000 ebrei, di cui solo 6000 sopravvissero
all’olocausto. Oggi ne ospita poco meno di 200. Nella parte ebraica del
quartiere sono ancora presenti numerose sinagoghe, quasi tutte trasformate in
museo e i cimiteri. Visitiamo la Sinagoga di Isaac. Sebbene non sia più un luogo
di culto, a Giuseppe viene dato da indossare il kippah, il copricapo a forma di
papalina che gli uomini ebrei indossano nelle occasioni pubbliche e rituali e
obbligatoriamente nella sinagoga perché è il modo con cui un ebreo indica il
proprio rispetto e il timore nei confronti di Dio. L’ampia sala conserva ancora
sul soffitto gli stucchi originali, che risalgono alla metà del 1600 e le
pitture murarie, tra le quali spiccano la tavola dei dieci comandamenti e il
candelabro. Nella sala attigua una mostra fotografica espone alcune immagini
tratte da due filmati che sono proiettati in un’altra sala. Narrano la vita nel
ghetto prima dell’invasione nazista e durante l’occupazione tedesca fino alla
liberazione. Una fotografia su tutte esprime, secondo noi, la crudeltà degli
uomini che incarnavano il regime. Un ufficiale tedesco in modo truce e arrogante
solleva con un frustino il mento di un’inerme vecchietta caduta a terra.
Inaspettatamente il cielo si rannuvola e minaccia pioggia. Rientriamo al camping
per chiudere bene gli oblò del camper e lì pranziamo.
Nel
pomeriggio torniamo in città per dedicarci allo shopping. Siamo sul tram 8 che
ci lascia accanto alla Chiesa Domenicana. E’ un bell’edificio gotico. Dopo aver
visitato anche il chiostro dove sono raccolti molti quadri con le effigi di
antichi vescovi e aver recitato una preghiera nella cappella del santissimo
Sacramento, che è esposto per l’adorazione dei fedeli, ci incamminiamo verso la
piazza centrale. La attraversiamo diametralmente fino a raggiungere la Porta di
San Floriano, l’unica non demolita durante l’abbattimento della cinta muraria
della città. Qui mentre Giuseppe è intento a fotografare, un rubicondo frate
francescano ci passa accanto, adocchia la fotocamera di Giuseppe e, con un
sorriso e uno sguardo di complice intesa, mostra la sua che è identica.
Costeggiamo le mura, sono tappezzate con i quadri degli artisti di strada. Molti
sono simili a quelli esposti in tante altre città, alcuni invece si distinguono
per il soggetto e ci rimandano con il pensiero alle scene del film "Il dottor
Zivago".
Giunti
al Fondaco dei Tessuti comperiamo i primi regali di Natale, scegliendoli tra gli
articoli in legno.
Appena
rientrati al camper la minaccia di pioggia si avvera. Un violento acquazzone
abbassa repentinamente la temperatura di 10°C.
I
dintorni di Cracovia
15
luglio - Lasciamo Cracovia senza aver visto tutto quello che era visitabile.
Questa è una scelta obbligata se il tempo a disposizione è limitato e se si
desidera entrare in possesso della conoscenza globale di un paese.
Il
cielo si è schiarito e in gran parte rasserenato. La temperatura è bassa, questa
mattina ci sono 13°C!
Dedichiamo la giornata odierna alla visita della Miniera di salgemma di
Wieliczta e del quartiere di Nowa Huta, infine al trasferimento a Częstochowa.
La
miniera di salgemma
La
presenza di salgemma testimonia in modo inequivocabile che qui il mare era
presente milioni di anni fa. Lo sfruttamento di questo prezioso minerale, unico
mezzo per insaporire i cibi, è incominciato già nel periodo neolitico con la
raccolta del sale che cristallizzava mediante l’evaporazione delle acque di
superficie; poi con il loro esaurirsi si incominciò a scavare alla ricerca di
nuove pozze e si trovarono i primi blocchi di salgemma.
Giungiamo alla miniera intorno alle ore 9.30: acquistiamo il biglietto compreso
il pass per fotografare e una guida in italiano per poter seguire la visita, che
facciamo inseriti in un gruppo polacco. Subito si inizia a scendere una
lunghissima scala di legno le cui ripide rampe si susseguono in continuazione
dando la sensazione di non avere fine. Più si penetra nel sottosuolo, più la
temperatura diminuisce e si sente l’esigenza di coprirsi: indossiamo le felpe
che abbiamo portato.
A una
profondità di 64 m si trova la prima grotta, è intitolata a Niccolò Copernico,
grande scienziato polacco. E’ rappresentato con una statua di sale. Ciò che ci
stupisce di questa visita è che l’itinerario è un lungo percorso dove in ogni
grotta i minatori-scultori hanno reso omaggio al loro lavoro o a persone
importanti. Lavorando questo umile minerale hanno trasformato le viscere della
terra in un incredibile museo. Ciò che in parte ci delude è che ci aspettavamo
di vedere più ampiamente rappresentata l’attività estrattiva.
La
visita prosegue e ci si imbatte in una prima cappella. La religiosità di questo
popolo è così radicata che, come lungo le strade si trovano innumerevoli edicole
votive e crocifissi, così nel sottosuolo i minatori hanno costruito lungo le
gallerie delle cappelle per poter partecipare alla santa messa quotidiana.
Nella
grotta "spalone" è rappresentato il pericoloso lavoro dei "penitenti",
minatori esperti che, vestiti di panni umidi, con in mano delle fiaccole
andavano a bruciare il gas metano, che si accumulava sulle volte delle grotte,
evitando così che la sua esplosione determinasse il crollo delle gallerie.
Si
scende ancora e a una profondità di 100 m si entra nella Cappella di Santa Kinga.
E’ la vasta sala rimasta dopo l’estrazione dell’enorme blocco di sale che la
occupava. E’ stata trasformata in una chiesa. Le sue pareti sono ricche di
bassorilievi, le nicchie sono occupate da statue, sul lato opposto all’altare
maggiore è stata collocata nel 1999 la statua di Giovanni Paolo II, come
ringraziamento per aver canonizzato Santa Kinga, patrona delle saline.
Proseguendo la visita si incontrano dei laghetti: hanno le acque trasparenti e
scure, sature di sale.
Per
tornare in superficie si è stipati dieci alla volta in gabbie metalliche, che
fungono da ascensori.
Usciamo che è quasi mezzogiorno e ci rallegriamo di esserci alzati per tempo,
guardando la lunga coda in attesa di entrare.
L’illusione comunista
Nowa
Huta è un sobborgo di Cracovia, che il regime comunista ha ideato e realizzato
per contrapporre la perfezione dell’uguaglianza dell’atea società operaia alla
società borghese della vicina Cracovia, dove i valori del cristianesimo e gli
interessi culturali sviluppavano l’individuo secondo le sue capacità.
Questo
sobborgo, dominato dalla grande acciaieria, contornata da enormi caseggiati
squadrati, tutti uguali, allineati gli uni agli altri senza segni distintivi, se
non il diverso numero civico che giganteggia sul lato prospiciente la strada,
non ha però mai soddisfatto gli scopi del regime. Infatti, gli operai, mossi da
un’indelebile fede, hanno lottato per anni per avere la chiesa. Così nel 1952 in
un campo periferico hanno piantato una croce e lì si radunavano per pregare.
Dopo 13 anni di contrapposizione viene concesso il permesso di costruire la
chiesa. La prima pietra, donata da Paolo VI, è stata posata dall’allora
cardinale Karol Wojtila, che poi consacrò la chiesa il 17 maggio 1977.
Sostiamo in preghiera in questa arca (è la forma della chiesa) del Signore,
augurando agli sposi che stanno celebrando il loro matrimonio di volersi bene
come noi ce ne vogliamo da 29 anni.
Da
Cracovia a Częstochowa
L’altopiano che collega Cracovia a Częstochowa è chiamato Giura, come l’omonimo
e omologo francese, per la sua genesi giuriassica dell’era mesozoica. Il suo
profilo ha forme appena mosse da dolci colline.
Le
alture indossano il colore verde cupo delle faggete e delle abetaie, le conche
il giallo dei cereali maturi. La zona più vicina a Częstochowa è invece industrializzata. Lungo il percorso si vedono alcune centrali elettriche e
numerose fabbriche. Giunti a Częstochowa abbiamo il problema di trovare il
campeggio, perché Tom non conosce l’indirizzo e sulla mappa della città non è
segnato. Non trovando indicazioni ci rechiamo al monastero di Jasna Góra nella
speranza di ottenere delle informazioni, che effettivamente riceviamo. Il
camping Olenka è lì vicino. Oltrepassando il grande posteggio si segue la cinta
del monastero e si svolta alla prima a destra e poi ancora a destra. Il camping
è tranquillo e ordinato. Vi sono presenti molti stranieri. In poco tempo siamo
circondati da inglesi.
Sulla
spianata antistante al monastero un camping improvvisato di tendine colorate
ospita i ragazzi polacchi, qui convenuti per la festività domenicale.
Dopo
cena ci rechiamo alla Cappella della Madonna Nera. E’ gremita di gente orante,
anche noi sostiamo in preghiera recitando con loro il Rosario e seguendo la
funzione fino alle ore 21,30 che conclude la giornata con la benedizione.
Częstochowa
16
luglio - Giornata di riposo e di preghiera per lodare il Signore e con Lui
festeggiare il nostro anniversario di matrimonio. Ci rechiamo al monastero per
partecipare alla santa messa delle ore 10.00. Lo raggiungiamo con un certo
anticipo per trovare un posto abbastanza vicino all’altare in modo da poter
seguire osservando i gesti del celebrante. La messa è particolarmente solenne.
E’ concelebrata e presieduta da un vescovo, che fa il suo ingresso seguito da
alcuni gonfaloni di gruppi in divisa.
Al
termine ci rechiamo nella cappella della Madonna per un nostro personale momento
di preghiera. Poi organizziamo il pranzo della nostra festa: pappardelle coi
pfinferli, pollo allo spiedo con patatine fritte e una sfoglia con la
marmellata.
Nel
pomeriggio, dopo un po’ di riposo e l’invio delle cartoline agli amici e ai
parenti più prossimi, siamo di nuovo al monastero per visitare l’intera
struttura.
Poi
percorriamo a ritroso il grande viale alberato che sale dai piedi del colle. Al
suo inizio troviamo a indicare "la via, la verità, la vita" la statua di Padre
Jerzy Popieluszko, il sacerdote padre spirituale di Solidarność, che nel 1984 fu
sequestrato dalla polizia segreta, dopo che aveva celebrato una messa per gli
operai e aveva svolto una meditazione sul tema: vinci il male con il bene.
Legato e zavorrato ai piedi con dei sassi, fu gettato nella Vistola.
In
lontananza una ciminiera si contrappone allo slanciato campanile del monastero,
è una delle tante che costellano la città. L’industrializzazione doveva sminuire
l’importanza religiosa di questo luogo di culto.
Torniamo al monastero e ci fermiamo ancora nella Cappella della Vergine. Con i
monaci e i numerosi fedeli cantiamo le litanie in latino e seguiamo il canto dei
vespri, seguito dalla benedizione eucaristica. Poi mentre molti fedeli escono e
altrettanti ne entrano per la messa, riusciamo ad avvicinarci all’altare e
Giuseppe fotografa la venerata immagine. Quindi ci raccogliamo in un angolo
della cappella e insieme recitiamo il rosario, affidando a Maria le nostre
necessità e le persone care, specialmente le più bisognose delle sue grazie.
Da
Częstochowa a Varsavia
17
luglio - Dopo aver partecipato alla santa messa celebrata nella cappella della
Madonna, lasciamo Częstochowa diretti a Warszawa, Varsavia.
Programmiamo Tom per seguire un percorso non autostradale. Per nostra fortuna
conosce anche l’indirizzo del camping dove intendiamo fermarci. Ciò ci
tranquillizza, perché la ricerca in una grande città è sempre ardua; in un paese
dove è anche difficile farsi capire e capire, tutto diventa estremamente
complesso. Tuttavia, a parte le indicazioni volanti, non è poi così difficile
gestire il problema della lingua. Infatti i polacchi più giovani comprendono e
parlano un po’ l’inglese, qualcuno comprende un po’ il tedesco o sa qualche
parola di italiano, dopo qualche giorno anche noi abbiamo imparato a dire
qualche parola in polacco e a comprendere qualche scritta… c’è poi l’arte di
arrangiarsi, che utilizza i gesti e per i numeri carta e penna!
Percorriamo una statale a doppia corsia, che scende lentamente verso la
capitale. Transitiamo in vaste zone agricole dorate o brune secondo che siano
coltivate a orzo o a segale.
Intorno a mezzogiorno con una breve deviazione, che fa disorientare Tom ci
dirigiamo a Tomaszow Mazowiecki per comperare pane e latte. Qui troviamo un
piccolo centro commerciale, uno dei tanti delle catene francesi della grande
distribuzione.
Mentre
Paola provvede alla spesa, Giuseppe che è rimasto al camper, perché è meglio non
lasciarlo solo nei posteggi non custoditi, fotografa la voglia di vita di questo
popolo, che si manifesta anche con le tinte vivaci con cui iniziano a rinnovare
le facciate dei grigi caseggiati.
Pranziamo presso un’area di servizio, poi riprendiamo il viaggio sulla statale
che tanto piace a Tom. Avvicinandoci alla città il traffico aumenta e con esso
anche i solchi sulla strada.
La
Polonia è percorsa da un discreto traffico camionale e da un modesto traffico
automobilistico. Quest’ultimo è costituito da veicoli di età molto differente.
C’è un parco macchine piuttosto vecchio e in genere di piccola cilindrata: le
Fiat 126 sono ancora diffusissime; e ci sono le automobili recenti, generalmente
di media e grande cilindrata.
Lungo
l’ultimo tratto di campagna, caratterizzato da colture di alberi da frutto,
comperiamo delle ciliegie. A metà pomeriggio giungiamo in città al camping 123
Astur. E’ piccolo, ma ben tenuto. Sistemiamo il camper tra un caravan danese e
un camper norvegese. Dedichiamo il restante pomeriggio a riordinare le nostre
cose e al riposo.
Varsavia
18
luglio - Nuvole bianche alte e sfrangiate solcano veloci il cielo sospinte dal
vento caldo e secco, che ha asciugato nella notte tutto il bucato.
Dal
camping in pochi minuti raggiungiamo il grande viale che porta verso il centro
città. Qui i tram delle linee 9, 7, 25 fanno al nostro caso. Saliamo sul primo
che passa: il 9. Con in mano la mappa della città seguiamo il percorso. Dopo un
paio di fermate un vecchietto inizia a dirci qualcosa, gli facciamo capire che
non capiamo. Allora in modo accorato parla sempre più lentamente nella speranza
di essere compreso. Giuseppe capisce solo la parola "pravo", che significa
destra. Si intromette nel colloquio un giovanotto. Con l’intento di aiutarci
chiede se parliamo francese. Giuseppe risponde affermativamente, però il
poveretto riesce solo a pronunciare la parola "droit", che significa destra. Il
tram prosegue la sua corsa e, giunto a un crocicchio, invece di proseguire
diritto come ha scritto sulla fiancata, gira a destra. Non sappiamo il motivo di
questa deviazione, scendiamo alla prima fermata e qui inizia la nostra lunga
camminata per le strade di Varsavia.
Torniamo sul percorso ufficiale della linea 9, vediamo che non molto lontano
spiccano i grattacieli del quartiere finanziario e tra essi, quasi fagocitato
secondo il nostro punto di osservazione, il Palazzo della Cultura e della
Scienza. Esso, costruito tra il 1952 e il 1955 per volere di Stalin come "dono
per celebrare l’amicizia dell’Unione Sovietica alla nazione polacca", è stato il
centro del potere comunista. Lo raggiungiamo. E’ brutto nell’estetica e ancora
più brutto è stato il compito che ha svolto per decenni.
Entriamo e in 30" con un ascensore saliamo al trentesimo piano, dove dalla
terrazza panoramica si può osservare l’estensione della città. Alcune fotografie
risalenti alla fine della II guerra mondiale sono collocate lungo i quattro lati
della terrazza per mostrare come era ridotta la città e confrontare il disastro
con la grande opera di ricostruzione.
A
guardare quelle sbiadite immagini in bianco e nero, solo cumuli di macerie, ci
si stringe il cuore, perché se è vero che la città è stata ricostruita e
riportata in vita, non si è potuto far nulla per le centinaia di migliaia di
uomini e donne, giovani e anziani, che in quei tragici giorni del 1945 si
immolarono per la libertà.
L’unica nota positiva che osserviamo del passato regime è che, avendo manie di
grandezza, ha ricostruito la città con ampi viali e molto verde.
Ritornati sulla strada ci incamminiamo verso la città vecchia. Qui visitiamo il
Castello Reale. Il primo piano è occupato da ampi saloni riccamente arredati e
dall’appartamento del re. Ci piacciono anche i parquet di legno intarsiato. Ogni
sala ne ha uno particolare. Importante per la città e per noi, perché qui si
esalta il prestigio degli italiani, è la sala del Canaletto, nipote del famoso
Canaletto, che dipinse nel XVIII secolo numerose tele rappresentanti la città,
dipinti che servirono per ricostruire fedelmente la città vecchia nel secondo
dopoguerra. Il secondo piano è allestito come un museo. Vi sono esposti mobili e
suppellettili d’epoca, una raccolta numismatica e una collezione di quadri.
Siamo attratti da alcuni dipinti di chiara fattura olandese; in particolare
condividiamo il gusto del re Stanislao Augusto, che ha voluto nella sua
collezione il quadro "A man with a Grey Horse" di Philiphs Wouwerman.
Proseguiamo verso la piazza della città vecchia, visitiamo la cattedrale di San
Giovanni. Entrando sulla sinistra c’è la cappella tombale del Primate di Polonia
Cardinale Stefan Wyszynski. Egli fu la figura centrale della storia della Chiesa
polacca durante il comunismo. Seguì una linea di resistenza al regime e allo
stesso tempo di rafforzamento della Chiesa nella pastorale e nel suo radicamento
popolare. La sua missione fu talmente incisiva che le autorità comuniste così
scrissero di lui: "Dal momento dell’assunzione della carica l’Arcivescovo di
Gniezno e Varsavia fece proprio un ben determinato corso di attività
ostruzionistica di tutto l’apparato ecclesiastico nei confronti delle
trasformazioni socialiste, di inasprimento dei rapporti con lo Stato, di
sfruttamento di ogni occasione per indebolire la sua forza." Arrestato nel 1953,
venne condotto prima in una località segreta e poi in un convento,
impossibilitato a comunicare con l’esterno. Fu liberato tre anni dopo insieme ad
altri cinque vescovi, quando la Polonia era prossima a una guerra civile.
Poi
eccoci nella famosa piazza. E’ circondata da bei palazzi, che fanno vivere
un’atmosfera di altri tempi. In uno dei locali all’aperto pranziamo. Poi
fotografata la sirenetta, simbolo della città, raggiungiamo il Barbacane, la
cinta muraria difensiva. Quindi ci immergiamo di nuovo nella città. Rendiamo
omaggio ai martiri dell’insurrezione sostando davanti al monumento che li
ricorda. Infine, non avendo trovato in centro i giornali stranieri, raggiungiamo
a piedi la stazione centrale, dove acquistiamo i giornali di oggi.
Con le
estremità doloranti, perchè le vie e i marciapiedi sono ricoperti da porfidi o
selciati di sasso o da mattonelle di cemento, saliamo sul tram 9, che questa
volta ci porta a destinazione, cioè al camping.
Lo
troviamo svuotato. Sono partiti i nostri vicini e dirimpettai norvegesi, uno dei
camper italiani e alcuni tedeschi. Questo tipo di turismo prevede partenze e
arrivi continui. Infatti, passa poco tempo ed ecco arrivare un gruppo di
camperisti tedeschi. Hanno i mezzi numerati e un distintivo adesivo con scritto
Perestrojka Tour. Sono diretti a Mosca e a Sanpietroburgo, viaggio che ci affascina
e che speriamo di realizzare in futuro.
Grabarka e la Chiesa Ortodossa
19
luglio - Lasciamo Varsavia intorno alle ore 8.30 diretti a Bialowieza, un
paesino al confine con la Bielorussia, che condivide con l’altro stato la
Puszcza, la foresta primordiale, che nei secoli passati ricopriva gran parte
dell’Europa orientale e che ora è rimasta in questa zona protetta come riserva
naturale.
Grazie
a Tom usciamo velocemente dalla città, che non offre molte indicazioni viarie.
Percorriamo strade secondarie sempre meno trafficate. Esse scorrono in una vasta
zona agro-forestale. E’ il tempo della mietitura. Vediamo i contadini all’opera
con gli strumenti tradizionali: falci e rastrelli. Attraversiamo piccoli borghi
formati da poche case e dalla chiesa. A Priewnik, dove sostiamo, c’è però
qualcosa di speciale: due cicogne sono appollaiate nel nido intente alla cova.
Nello sklep, il negozio, che qui è un mini minimarket, acquistiamo il pane e,
mentre apprezziamo la pausa caffè, l’orologio della chiesa, che è chiusa, suona
le ore ripetendo un paio di volte una dolce melodia.
Di
nuovo in marcia, a Siemiatycze spegniamo Tom, per non farlo stizzire facendogli
ripetere a oltranza "tornate indietro quando potete" e ci dirigiamo verso
Grabarka. La strada, spettacolare per noi, un po’ meno per il camper, è a fondo
bianco, a tratti ha il selciato di acciottolato. E’ tale la sorpresa che più
volte ci domandiamo se abbiamo imboccato il bivio giusto. Transitiamo per il
minuscolo villaggio destando la curiosità di una vecchietta che, scostata la
tendina della finestra della sua casetta, guarda perplessa lo strano mezzo che
rompe il silenzio del suo borgo. Proseguiamo seguendo l’indicazione grafica e
arriviamo alla Sacra Montagna di Grabarka.
E’ una
collina ricoperta da una pineta, sulla cui sommità è presente un convento di
suore ortodosse e una piccola chiesa circondata da migliaia di croci di ogni
dimensione. Il luogo religioso nacque all’inizio del 1700, quando a causa di
un’epidemia di colera, qualcuno si rifugiò sul colle, salvandosi. Da allora
molti fedeli vengono e mettono una croce, per qualche grazia ricevuta, ne siamo
testimoni.
La
chiesa, tutta di legno, al suo interno ha le pareti e il soffitto completamente
dipinti. Purtroppo non si può fotografare. Per entrare a Giuseppe viene fatto
indossare un pareo per coprire le gambe. Nell’ampio parcheggio del luogo
pranziamo. Nel pomeriggio passando attraverso una zona forestale molto estesa
raggiungiamo Bielawieza. Ci fermiamo al Camping U Michala. Con nostra grande
sorpresa la signora che ci accoglie parla benissimo il tedesco. Si mettono in
moto i neuroni di Paola. Il camping è piccolo, ma ben organizzato, con servizi
belli e puliti. Ci mettiamo tra un camper svizzero e uno olandese. Sono presenti
anche dei tedeschi e dei danesi.
Verso
sera, guardandoci attorno, notiamo che sono arrivati due equipaggi che ieri
erano come noi a Varsavia, uno è italiano, è una famigliola con una bimba di un
paio d’anni e uno è tedesco.
Bialowieza e il suo Parco Naturale
20
luglio - Tempo splendido, ideale per la gita nella puszcza. Ad attenderci
all’ingresso del campeggio una carrozza trainata da un biondo ronzino. (Abbiamo
prenotato la gita tramite la signora del campeggio).
Al
piccolo trotto ci avviamo lungo la strada che avevamo percorso ieri arrivando
col camper. Siamo coperti, perché per ora la temperatura non supera i 20°C. Il
cavallo è già un po’ accaldato per lo sforzo iniziale, attira tafani e
calabroni, che lo tormentano. Il vetturino lo ferma, si scusa con noi e gli
spruzza addosso un antiparassitario. Ci auguriamo che non sia tossico per la
povera bestia. Proseguiamo addentrandoci nella foresta seguendo una via
sterrata. Non abbiamo mai visto betulle alte più di 20 metri, pini e abeti che
le superano. Qui tutto è gigante. Il sottobosco riempie la zona più prossima al
suolo, tra le felci e le ortiche occhieggiano, rossi, i lamponi. Paola li addita
e il gentile vetturino, che parla solo polacco, ma si fa capire e intende i
nostri gesti, dice al cavallo una parola che suona trzika. Il cavallo si
ferma all’istante e, mentre il vetturino raccoglie per noi una manciata di quei
dolcissimi frutti, si concede un assaggio di foglie di tiglio carpino. In
prossimità del giardino zoologico, che ha gli esemplari di alcuni dei mammiferi
più grandi che abitano la foresta, lasciamo la carrozza.
Se si
escludono il lupo, che è carnivoro e l’orso, che è onnivoro, i mammiferi che
vivono nella puszcza sono erbivori. Caratteristici sono il cavallo tarpan e il
bisonte europeo. Il tarpan ha il pelo del colore del cappuccino, la criniera e
la coda scure, unite da una riga della stessa tinta che corre lungo tutta la sua
colonna vertebrale. Il bisonte europeo, che è stato a rischio di estinzione, a
causa della caccia perpetrata abbondantemente negli ultimi due secoli, a
differenza di quello americano, vive nella foresta nutrendosi di cortecce,
foglie e bacche. La sua mole è imponente. Osserviamo il branco costituito da un
possente maschio, alcune femmine e due cuccioli. Sbuffano e si rotolano nella
terra, alzando nugoli di polvere, per liberarsi dai fastidiosi insetti che li
assediano e dall’ultima lanugine, che li ha difesi nei mesi passati dal gelo
pungente.
Dopo
aver acquistato un piccolo bisonte di legno per la nostra parete dei ricordi,
riprendiamo la carrozza. La strada si rimpicciolisce e penetra sempre più nella
foresta il cui suolo umido favorisce i processi di decomposizione degli alberi
morti, che lo arricchiscono di humus, prezioso nutrimento per i nuovi virgulti.
Il docile cavallo trotterella nei tratti leggermente in discesa e va al passo
quando si risale. Tranquillo e sicuro ci porta fino allo spiazzo delle grandi
querce. Qui alcune querce secolari alte circa 40 metri
e con la circonferenza che misura più di 5 metri si stagliano contro il cielo
azzurro in un incredibile contrasto di colori.
I
tronchi nodosi sono rivestiti da uno spesso strato di corteccia, la cui rugosità
cela in sé la storia centenaria dell’albero; essi si dividono in rami, che alle
nostre latitudini certi alberi sarebbero felici di avere come fusto. Taglia il
querceto una ferrovia in disuso, è a scartamento ridotto e punta decisa verso
l’ex Unione Sovietica.
Risaliamo in carrozza e riprendiamo la strada asfaltata. Dopo un tratto ancora
immerso nella foresta giungiamo a Bialowieza per un’altra via, che è costeggiata
da case vecchie e nuove, costruite però secondo lo stile architettonico
tradizionale del luogo. Non mancano anche le coppie di cicogne appollaiate nei
loro nidi e, siccome dove ci sono le cicogne arrivano i bambini, ecco che il
vetturino saluta con cordialità una giovane mamma in attesa, che sta spingendo
una carrozzina.
Due
ore e quaranta immersi in uno dei polmoni del mondo a respirare ossigeno per il
corpo e per l’anima, nella contemplazione della bellezza del creato!
Nel
pomeriggio visitiamo il museo del parco. E’ d’obbligo la guida, che può essere
in lingua inglese, tedesca, polacca, secondo i gruppi che si formano. Non c’è
scelta, siamo nell’unico gruppo possibile: guida polacca. Una serie di diorami
mostra i vari habitat della puszcza, con tutte le loro forme di vita vegetale e
animale, vertebrati e invertebrati. La sola osservazione è interessante ed
esaustiva se si ha già delle buone conoscenze nell’ambito delle scienze
naturali. Sulla via di ritorno al camping acquistiamo un gufo gigante fatto con
il legno di betulla; andrà a occupare uno spazio importante sul ripiano della
nostra collezione.
La
Masuria
21
luglio – Non senza un certo rimpianto lasciamo Bialowieza e la sua foresta, che
ci ha stregato, facendoci vivere l’immaginario delle nostre fiabe infantili.
Salutiamo cordialmente la padrona del camping, che tanto ha a cuore il benessere
dei suoi ospiti e ci dirigiamo verso nord, in Masuria, la regione polacca che
confina con l’enclave russa che si affaccia sul mar Baltico.
Primo
paese, prima sosta per rifornire la nostra dispensa e quella del camper, mentre
a Tom basta un po’ di elettricità. Qui in Polonia il costo della vita è circa la
metà rispetto all’Italia per i generi alimentari, mentre i prodotti di alta
tecnologia non sono competitivi se confrontati col nostro mercato. Il carburante
costa circa il 15% in meno. Anche da questo punto di vista una buona scelta!
Ora la
strada ha superato la zona completamente forestale, si allunga su vasti
territori semipianeggianti. Qui si alternano assetate colture foraggere e
pascoli dove le poche mucche hanno spazi limitati per muoversi, essendo ancorate
al terreno tenute da lunghe e grosse catene. In lontananza la foresta chiude
l’orizzonte ovunque si guardi.
La
pausa caffè delle ore 10.00 coincide col nostro transito per Treścianka, un
piccolo villaggio di case in legno, curato a vista da due splendidi esemplari di
cicogne bianche, che hanno il nido posto sopra un palo della luce.
La
strada incrocia più volte dei rami ferroviari i cui passaggi a livello, come già
riscontrato in altre zone, sono incustoditi. L’attraversamento richiede
attenzione. Proseguiamo diritto fino a Elk, poi ci spostiamo verso ovest. Siamo
nella regione della Masuria. Il paesaggio è cambiato. Ora il territorio è
completamente mosso da colline e conche, molte delle quali sono occupate da
specchi d’acqua, piccoli stagni, laghetti e laghi, collegati tra loro da corsi
d’acqua e canali.
Ci
fermiamo a Mikolajki, il più importante paese rivierasco del più grande lago, lo
Jezioro Sniardwy. Ci sistemiamo al Camping Wagabunda, offre un grande prato e
bei servizi. Siamo vicini a dei finlandesi, che hanno un nanetto sornione, che
ammicca dal finestrino posteriore del loro caravan. Attraverso la strada
pedonale in un quarto d’ora raggiungiamo il paese. Il luogo è turistico, nel
senso più tradizionale del termine. Sta vivendo i mesi del suo massimo
splendore. Ha tante bancarelle, bar e gelaterie, turisti vocianti dappertutto.
Presso l’imbarcadero ci informiamo per la gita di domani: una crociera sul lago.
In
poco tempo l’afa opprimente è sostituita dal vento che accumula l’umidità in
nubi minacciose e mugugnanti. Rientriamo velocemente, giusto in tempo per
osservare il temporale da dietro i finestrini della nostra casetta mobile.
Il
confine invalicabile
22
luglio - Notte tranquilla, ma breve. Il silenzio è stato rispettato da
mezzanotte alle sette. Il cielo è ancora temporalesco, anche se per ora splende
il sole. Decidiamo di cambiare parzialmente il programma odierno. Invece di
imbarcarci per la crociera di un giorno, optiamo per quella di due ore, poi
percorreremo le strade della Masuria fino al confine con la Russia.
Ci
prepariamo velocemente per essere puntuali alle 9.00 all’imbarcadero.
Inizialmente alla biglietteria ci lasciano in sospeso, perché oltre a noi c’è
solo una coppia di giovani polacchi e, se non si raggiunge il numero di dieci
persone, non si parte.
Nel
giro di pochi minuti ci avvertono che si salperà con un piccolo battello, subito
dopo un contrordine ci fa imbarcare su un battello grande. Il mistero è
repentinamente chiarito: oltre ai fatidici dieci passeggeri, a stento
recuperati, c’è un’arzilla compagnia di nonnetti che occupa tutti i rimanenti
posti. Due squilli di sirena e il battello si stacca dalla banchina, inverte la
poppa con la prua e punta verso il largo. C’è una calma piatta, il battello
procede lentamente, il caldo è appiccicaticcio. Nella compagnia c’è un anziano
con la fisarmonica. Inizia a suonare delle musiche popolari che danno il "la" al
canto dei suoi amici. Una, due, tre canzoni e l’ugola si asciuga, quale migliore
occasione per bere qualcosa. Ecco uscire dalle varie borse bottiglie di vodka e
bicchierini metallici. Iniziano a bere: primo giro, secondo… alle ore 10.00 del
mattino qualcuno ne ha già bevuti sei! Uomini e donne, tutti bevono. Capiamo
quanto sia preoccupante il problema dell’alcolismo in questo paese.
Le
rive del lago sono nascoste da un fitto canneto tagliato in certi punti per
creare posti di sosta per le barche a vela. Il popolo nautico si sta svegliando,
qualcuno si lava immerso nel lago.
Ci
scivolano accanto dei canoisti, che sollevano le loro pagaie in segno di saluto.
Il
battello inverte di nuovo la rotta. I vecchietti sono molto accaldati e allegri.
La musica cambia. Alle dolci melodie si sostituiscono dei ritmati motivi
danzanti, uno di questi ci ricorda un canto popolare veneto.
Ritornati al camping, partiamo. Ci dirigiamo verso nord-ovest. La regione è
bella, ma non godibile viaggiando su strada, perché i laghi sono nascosti,
racchiusi in conche protette dalla foresta. Certamente il suo incanto lo si
godrebbe appieno navigando il dedalo delle sue vie d’acqua. La strada è sempre
più sconnessa, l’andatura sempre più lenta. L’attenzione alla guida è messa a
dura prova anche dagli automobilisti polacchi che incontriamo. Essi non vanno
forte, ma la velocità che tengono è eccessiva per le strade che affrontano,
inoltre vogliono sorpassare anche dove è fisicamente impossibile.
Poco
prima di arrivare a Bartoszyce, svoltiamo a destra per Sepopol. Qui in una
piazzola pranziamo, poi proseguiamo fino a Szczurkowo. Questo villaggio
microscopico dal nome impronunciabile presenta una realtà a nostro parere
improponibile: la sua unica strada, selciata a ciottoli di granito, termina con
una sbarra al di là della quale una rete metallica segna il confine invalicabile
con la Russia. Sostiamo per documentare come ancora oggi, in Europa, ci siano
delle limitazioni alla libera circolazione. Alcuni bambini, magri e scalzi,
vedendoci, accorrono, ci salutano, ci fanno festa. Sembrano attendere da noi
qualcosa di più di un saluto e un sorriso. Purtroppo siamo sprovvisti sia di
caramelle che di biscotti. Ne siamo dispiaciuti, ma non possiamo offrire altro
che la nostra cordialità. Lasciamo questo posto fuori dal mondo, ma ricco di
vita, tanto che numerose sono le cicogne che lo hanno scelto per nidificare, per
recarci a Malbork.
Qui
giunti abbiamo il problema di trovare il camping; conosciamo il nome e
l’indirizzo, ma Tom non sa guidarci e come è prassi qui in Polonia non ci sono
segnalazioni che lo indicano. Chiediamo dapprima a un chiosco che vende i
biglietti degli autobus. La signora parla solo polacco, ma a parole e con i
gesti ci indica dove andare. Lì troviamo un posteggio custodito che ospita anche
per la notte. Non è però ciò che cerchiamo. Torniamo indietro e ci fermiamo da
un benzinaio. Qui incontriamo un cliente che parla tedesco e ci spiega con
esattezza: links, rechts und noch links…
Il
camping 197 "Nogat", attende proprio noi per essere completo. E’ praticamente
occupato da tantissime caravan e camper tedeschi. Una volta sistemati l’anziano
del caravan vicino a noi ci spiega che sono un gruppo di ventiquattro equipaggi,
cinquanta persone, che stanno facendo un tour per la Polonia e che domani
partono per la Masuria. Rispondiamo che noi veniamo dalla Masuria. Ci consegna
un depliant scritto in tedesco con il programma delle attività folcloristiche
che sono in corso durante questa settimana presso il castello della città.
Un
profumato risotto al curry e una fresca insalata di tonno sono la nostra cena.
Malbork
23
luglio - Nell’ultima domenica delle nostre vacanze ci rechiamo alla messa delle
ore 10.00, che si celebra nella cattedrale di San Giovanni di Malbork, sita in
prossimità del castello. Mancano ancora cinque minuti all’inizio della
celebrazione e la chiesa è già gremita di fedeli. Troviamo posto e partecipiamo
secondo le nostre possibilità. Di questo popolo ci continua a colpire il grande
senso religioso, che si manifesta con la presenza numerosa, composta e viva alle
diverse funzioni e con la fervida devozione davanti al santissimo Sacramento in
ogni chiesa, in ogni ora del giorno.
Al
termine della messa, nel grande mercato che circonda il castello acquistiamo
della carne grigliata e un po’ di frutta per il pranzo. Nel pomeriggio visitiamo
il castello col permesso di fotografare. La guida è obbligatoria, la scegliamo
di lingua inglese. Il castello di Marbork, inserito dall’UNESCO tra i patrimoni
culturali dell’umanità, è in realtà una possente fortezza, che si affaccia sulla
riva destra del Nogat, che un tempo era l’ultimo tratto della Vistola e ora è il
suo modesto ramo orientale. La fortezza, che iniziò a essere costruita nel XIII
secolo dai Cavalieri Teutonici col nome di Marienburg, è stata nei secoli
ampliata e trasformata secondo l’uso (i prussiani l’avevano trasformata in
caserma). Ha subito crolli a causa dei bombardamenti della II guerra mondiale,
ma è stata ricostruita quasi completamente. E’ circondata da tre cinte murarie
ancora ben conservate. In essa si riconoscono tre parti: il castello superiore,
il castello di mezzo e il castello inferiore.
La
visita inizia dal castello di mezzo. Ha splendide sale con volte ogivali
finemente decorate. La guida ci conduce in una cantina per farci conoscere la
tecnica utilizzata per riscaldare le grandi sale sovrastanti. La cantina
presenta due piani molto bassi; quello inferiore ha il forno, quello superiore è
riempito con un mucchio di pietre. Dal piano superiore si diramano una serie di
gallerie che hanno dei camini, la cui apertura sono delle piccole botole poste
sui pavimenti dei saloni, piastrellati con mattonelle di vari colori. Il forno
scaldava le pietre, queste a loro volta l’aria delle gallerie; l’aria calda
giungeva nei saloni tramite i camini. Nel castello superiore collegato al primo
tramite un ponte levatoio si visitano la grande cucina, il forno per il pane, la
sala capitolare e quella che una volta fu la cappella, rimasta in rovina a
testimonianza dei notevoli danni bellici.
Concludiamo la visita percorrendo il lungo corridoio compreso tra la prima e la
seconda cinta; qui incontriamo alcuni personaggi in costume che hanno animato
questa settimana di festa.
Torniamo al camping, il vuoto lasciato dal gruppo tedesco è stato parzialmente
colmato da altri tedeschi, riconosciamo due targhe, quella di Monaco e quella di
Tubinga.
Piaski
24
luglio - Cielo coperto, clima caldo e afoso, sembra di essere nella pianura
Padana, siamo invece nella vasta area sabbiosa, che si protende fino al mar
Baltico.
Lo
spostamento di oggi, che prevede come meta Gdańsk (Danzica) si compie con una
deviazione verso est per percorrere il tombolo che chiude una piccola laguna.
La
strada dissestata si snoda lungo povere campagne e raggiunge la costa, zona
balneare per i polacchi. A Stegna svoltiamo a destra e iniziamo a percorrere la
stretta lingua di sabbia che si allunga fino al confine russo.
Siamo
al mare, ma dov’è il mare?
La
strada corre all’interno di una zona forestale dove i pini, che sono l’essenza
preminente, impregnano l’aria col loro profumo. Solo a tratti alla nostra destra
si avvista la laguna. A segnalare la sua presenza sono gli stormi di uccelli
acquatici che in formazione la stanno abbandonando per trascorrere la giornata
sul mare aperto. Proseguiamo, per un po’ la strada è affiancata da un binario a
scartamento ridotto, utilizzato dai tedeschi per deportare le persone verso un
campo di concentramento qui presente.
A
Piaski la strada termina, più avanti c’è il confine con la Russia chiuso con una
rete metallica. Lo si può raggiungere solo con una camminata nella foresta. Ai
lati della strada si può parcheggiare a lisca di pesce. Giuseppe imposta la
manovra, Paola avverte che lì davanti il terreno è sabbioso. Come risposta è
edotta sulla trazione del camper, che è posteriore. E’ cosa nota che in genere
le donne non hanno dimestichezza con la meccanica, in effetti per Paola è cosa
ignota, ma il buon senso…
Riprendiamo il camper; innestata la retromarcia non si sposta di un millimetro,
perché per il suo peso si è affossato davanti. Prova e riprova, nulla da fare.
Momento di preoccupazione. Il personal navigator di Giuseppe, che usa il buon
senso e la creatività, ha l’idea di utilizzare i cunei come passerella. Il
problema si risolve in un battibaleno.
Partenza, ma è d’obbligo una fulminea fermata, perché dalla boscaglia escono dei
cinghiali, che trovano meno faticoso cercare il cibo tra gli umani, piuttosto
che nel bosco.
Sulla
via del ritorno ci fermiamo a un parcheggio custodito per poter andare a vedere
il mar Baltico. Una camminata nella pineta sabbiosa, il superamento di un paio
di dune ed ecco la distesa d’acqua. Il mare, paradiso dei surfisti, è piatto e
liscio come uno specchio. La sabbia è finissima e bianca, i pochi bagnanti sono
tutti nudi, immagine poco edificante!
Torniamo sui nostri passi, pranziamo sul camper e riprendiamo il viaggio verso
Danzica. Abbiamo qualche timore circa la ricerca del camping. Tom non lo
conosce, noi sappiamo il nome del sobborgo in cui si trova e null’altro. Per
nostra fortuna e incredibilmente, superato l’avveniristico ponte sulla Vistola,
iniziamo a trovare le indicazioni, che ci portano senza intoppi a destinazione.
Il camping Stogi si presenta come una baraccopoli celata in una pineta. Ci fanno
posteggiare in uno spiazzo vicino all’ingresso, qui è la zona camper. Alle
nostre spalle una bolgia dantesca. Col tram numero 8, che fa capolinea davanti
al camping, andiamo in centro per iniziare a conoscere la città. L’incontro è
emozionante, ha il tratto signorile delle città anseatiche ed è piena di vita.
Giriamo il centro con calma, ci soffermiamo ad ammirare le stupende facciate
degli edifici, che offrono un ottimo materiale per la tematica raccolta
fotografica di Giuseppe: "porte e finestre", siamo attratti dai numerosi negozi
che vendono ambra. Quale migliore occasione per proseguire lo shopping di Natale
iniziato a Cracovia.
Per
cena rientriamo al camping, oltre ai soliti tedeschi e agli scozzesi, nostri
vicini, sono giunti degli equipaggi italiani. Un signore di Trieste e uno
emiliano vengono a conoscerci. Rapidi saluti e subito esce fuori l’anima del
camperista. Parlando dei rispettivi itinerari i nostri interlocutori facevano a
gara a dire "io di più". Così, parlando delle strade dissestate della Masuria,
quello che giungeva dalle repubbliche Baltiche ha sostenuto che là sono peggio.
Con l’altro, che era in viaggio come noi dal 7 luglio, parlando delle città
visitate dice di aver visto di tutto e di più e poi rivela di aver speso ben un
paio d’ore per Danzica!
Danzica
25
luglio - Nonostante la situazione non molto promettente, la notte è stata
silenziosa e riposante. Verso mattina si è levato il vento. Ci alziamo senza
l’assillo della sveglia. Il cielo è completamente sereno e annuncia un’altra
giornata molto calda. Qui, nel centro dell’Europa parlano di un’estate anomala.
Temperature sopra i 30°C per un periodo così prolungato sono una condizione
eccezionale. L’aspetto positivo della situazione è che l’escursione termica
giornaliera è notevole, quindi col calare del sole l’aria si rinfresca
rapidamente.
Il
camping Stogi è nel sobborgo omonimo, in prossimità della spiaggia sul mar
Baltico. Col tram passiamo attraverso il triste quartiere. Quello che più ci
colpisce di queste case tutte uguali in ogni città e paese sono la mancanza di
manutenzione, i numeri civici scritti in modo esagerato, unica differenza tra un
caseggiato e l’altro e le piccole porte di ferro mal verniciato o di legno
cadente, che introducono verso ripide e buie scale. Prima di passare la Vistola,
transitiamo in una zona di orti, dove la famiglie di Stogi praticano una piccola
agricoltura di sussistenza. Arriviamo in città, superiamo il centro e scendiamo
nella zona dei cantieri navali.
In
piazza Solidarność davanti all’ingresso principale di quelli che erano i
cantieri navali tre altissime croci di acciaio ricordano gli operai morti
durante la rivolta del 1970. Su di esse dei bassorilievi mostrano alcune scene.
Ci commuove quella raffigurante le donne dolenti; ha inciso i versi di una
poesia di Czeslaw Milosz, premio Nobel per la letteratura del 1980, di cui
leggiamo la traduzione sulla guida:
"Tu che
hai trattato
ingiustamente un uomo semplice
non
sentirti al sicuro.
Un
poeta ricorda.
Ne puoi
uccidere uno,
ma un
altro ne nascerà."
Ci
fermiamo in un breve, ma sentito momento di preghiera davanti alle lapidi che
ricordano i singoli martiri; sono vegliati dalla grande effige di Giovanni Paolo
II e da un quadretto di Padre Popieluszko, che in questa città è sepolto nella
chiesa di Santa Brigida.
A
piedi ci incamminiamo verso il centro. Lungo il Radunia Canal osserviamo il
Grande Mulino. La sua facciata tappezzata di pubblicità e la mancanza della
ruota gli fanno perdere il suo fascino. Dietro ad esso molto elegante svetta la
torre del Vecchio Municipio, mentre davanti gli sta la Chiesa di Santa Caterina.
E’ tutta transennata. Si può entrare, ma una cancellata ferma i visitatori
all’ingresso. Guardando le fotografie appese alla cancellata scopriamo che il 22
maggio di quest’anno è stata seriamente danneggiata da un incendio. Ora è in
fase di restauro. Il suo cantiere impedisce l’accesso alla Chiesa di Santa
Brigida, che sta alle sue spalle.
Proseguendo incontriamo l’edificio, che una volta ospitava i mercati generali.
Ancora oggi è un centro commerciale. Intorno ad esso dei loschi individui ci
avvicinano e ci propongono in diverse lingue, compreso l’italiano, di cambiare
gli euro in złoty. Li ignoriamo, ci allontaniamo velocemente e commentiamo tra
noi l’episodio. Se non aveva senso avventurarsi nel cambio illegale quando il
paese non aveva l’economia di mercato, è assurdo oggi, dove basta entrare in una
qualsiasi banca per cambiare gli euro, dove si può prelevare la valuta locale
con la carta di credito e si può pagare con la stessa in quasi tutti i negozi,
molti dei quali accettano anche gli euro.
E’
giunta l’ora di pranzo, attraversiamo il centro e sul canale Stara Motlawa
sostiamo al ristorante greco. Due colorate e gustose insalate e una fresca birra
in un posticino all’ombra e ventilato, ci ricaricano. Nel pomeriggio attraverso
una delle tante porte, che chiudono ogni via che sbocca sul canale, rientriamo
nella zona detta Città Principale. Lo sguardo corre dal basso in alto. Ogni casa
ha la sua particolarità, ogni facciata un suo colore, una sua decorazione. Molto
bello è il caseggiato di fronte alla fontana di Nettuno.
Artisti di strada offrono le loro prestazioni ai passanti. Ci piacciono
particolarmente i suonatori, alcuni suonano musiche di pregio. Ci fermiamo ad
ascoltare il brano più celebre della Primavera di Vivaldi e una canzone dei
Beatles.
Lungo
l’Ulica Mariacka, oltre alle bancarelle che vendono oggetti e gioielli d’ambra,
alcune ricamatrici lavorano con puntiglio e precisione e vendono i lini
ricamati.
Giungiamo alla Chiesa di Santa Maria. Vedendola grandiosa e austera, tutta di
mattoni rossi, ci aspettiamo un ambiente buio, invece, entrando, siamo sorpresi
della sua luminosità.
Apparentemente spoglia, è invece ricca di numerose opere d’arte. Molto bello è
l’organo, il polittico gotico dell’altare maggiore, il pulpito di legno dipinto
e alla sinistra dell’altare maggiore l’orologio astronomico, che ha una lunga
storia. Costruito dall’ abile artigiano Hans Dűringer nel 1460, era a quell’epoca
il più grande e preciso orologio del mondo. Segnava le ore, il giorno, il mese,
l’anno, la posizione del sole e della luna rispetto le costellazioni dello
zodiaco. Aveva le figure dei santi che uscivano secondo dei tempi stabiliti in
corrispondenza con la ricorrenza. Adamo ed Eva battevano le ore. Anche se non
funzionante, fu smantellato durante la II guerra mondiale per evitarne la
distruzione. E’ stato poi ricostruito e dal 1990 ha ripreso a funzionare in
quasi tutte le sue espressioni.
Torniamo a Stogi col tram 13 e prima di rientrare al camping andiamo in
spiaggia. La bianca distesa di sabbia finissima contrasta col plumbeo colore del
Baltico, appena rischiarato dalle onde spumeggianti.
Le
dune del Baltico
26
luglio - Cielo completamente sereno e la giusta dose di vento per non far
sentire troppo il caldo sono il tempo perfetto per la nostra ultima giornata
polacca.
Lasciamo Danzica e ci dirigiamo verso nord-ovest fino al Parco Slowínki, che si
affaccia sul mar Baltico. Raggiungiamo Łeba, da qui per un lungo tratto delle
lingue sabbiose separano dal mare dei laghi costieri, ottimi habitat per gli
uccelli migratori e stanziali. Da Łeba per circa 20 chilometri la striscia di
sabbia è formata da dune alte fino a 40 metri. La loro particolarità è che sono
mobili. Il vento, che soffia dal mare, sollevando e trasportando i finissimi
granelli di sabbia, le sposta via via verso l’interno, seppellendo la foresta di
conifere e betulle, che sta alle loro spalle, compresa tra il mare e i laghi.
Leggiamo che le dune si muovono a una velocità di 2-10 metri all’anno. La
conseguenza di tale movimento è che gli alberi, raggiunti dalla sabbia, sono
soffocati e seppelliti e a distanza di anni riemergono scheletriti.
Posteggiato il camper all’ingresso del Parco, vi entriamo. Con un trenino
elettrico su ruote gommate attraversiamo i 5 chilometri di foresta ancora viva e
raggiungiamo le dune.
Il
paesaggio è straordinario, sembra di essere nel deserto! La sabbia chiarissima
riflette intensamente la luce del sole. E’ più o meno calda, secondo la sua
inclinazione all’esposizione ai raggi. E’ soffice, cedevole, il passo si fa
pesante: un vero allenamento per la muscolatura delle gambe!
Ai
turisti è consentito di salire su una duna, di percorrere tutta la cresta e di
discenderla fino a raggiungere il mare, cosa che facciamo puntualmente, come
tutti gli altri qui convenuti. La zona circostante è difesa da una rete
metallica per conservare la sua identità naturale. Ragazzi e bambini si
divertono a scivolare dalla cresta alla base della duna rotolando lungo il suo
versante più ripido.
Paola
avverte Giuseppe, che sta scattando fotografie di stare attento a non scivolare
giù, perché avrebbe poi trovato sul libro un arguto commento. Riceve una pronta
risposta: "Chi di penna ferisce, di foto perisce!"
Raggiungiamo la riva del mar Baltico, la spiaggia bianchissima si estende alla
nostra destra e alla nostra sinistra per molti chilometri. Vi sono numerosi
bagnanti, molti sono in acqua. Anche Giuseppe vuole provare l’ebbrezza di
saggiare la temperatura di questo mare. Si rimbocca i calzoncini ed entra in
acqua mettendosi in posa per documentare l’evento.
Rientrati al camper pranziamo, che sono quasi le 15.00, poi troviamo alloggio al
camping Rafael. E’ ampio e bene attrezzato; ci assegnano una piazzola abbastanza
vicino all’ingresso, dato che ci fermiamo per una sola notte. Verso sera
superiamo il porto canale e passeggiamo per il paese. E’ un tipico luogo di
villeggiatura. Ci sono numerosi negozi e bar e tanta gente per le strade.
Comperiamo delle ciliegie e commentiamo con gioia che questa vacanza ci ha fatto
rigustare la frutta, quella buona maturata sugli alberi.
Rientriamo in campeggio e prepariamo le tappe del rientro.
Polonia addio
27
luglio - Sveglia ore 7.00, dopo un’ora partiamo. E’ la prima tappa del
rientro. L’umidità dell’aria si è condensata creando una foschia che fa sembrare
il cielo nuvoloso.
Da
Łeba ripercorriamo a ritroso la strada di ieri fino a Lebork, quindi prendiamo
la direzione occidentale verso Szczecin, più semplicemente Stettino, la città
portuale sull’estuario del fiume Oder. La strada non si distingue dalle altre
percorse finora, fortemente dissestata non consente assolutamente di avvicinarsi
al limite di velocità consentito, che è di 70 km/h.
Attraversiamo campagne coltivate e piccoli paesi, separati tra loro da zone
forestali. La pausa caffè è deliberatamente cercata in un posteggio di un grande
centro commerciale, dove comperiamo il pane e poco più, per consumare la moneta
polacca che ci è rimasta. Spesa incauta, perché qualche chilometro più avanti
troviamo sulla strada dei contadini che vendono miele e funghi. Ci spiace,
avremmo acquistato più volentieri queste ultime bontà locali.
Il
tempo passa, i chilometri no. Sobbalzi, scossoni e quando questa situazione
migliora sono i carri agricoli o gli inesperti automobilisti che non consentono
di accelerare. Le ultime cicogne ci guardano dall’alto. A Zabowo, un piccolo
paese la cui toponomastica non è riportata sull’atlante stradale, sostiamo per
il pranzo all’ombra di un frondoso acero.
Alle
porte di Stettino inizia l’autostrada che poi prosegue in Germania. Quando si
dice autostrada si pensa a una strada di rapido scorrimento: attenzione, questa
è un’idea occidentale, che non è ancora stata assimilata dai nuovi paesi UE!
L’autostrada è quasi peggio delle strade della rete ordinaria, addirittura ha
dei pezzi in pavè. Una piccola sosta ci rilassa i muscoli e ci consente una
visione panoramica di Stettino. Ci consoliamo dicendoci che tra pochi chilometri
tutto sarà diverso.
Passiamo la frontiera in 10’. Il poliziotto polacco è un po’ perplesso di fronte
alle nostre carte di identità, ma viene rassicurato dal suo corrispondente
collega tedesco.
Siamo
in Germania! Purtroppo sulla strada la musica non cambia! D'altronde questa era
la DDR!
Anche
il paesaggio è immutato; distese di cereali e boschi. A differenziare i due
territori, separati da un confine oramai quasi cancellato, la presenza in
Germania dei parchi eolici.
Avvicinandoci alla capitale la qualità della strada un po’ migliora. Per passare
da un’autostrada a un’altra, Tom ci guida per le strade periferiche di
scorrimento di Berlino. I quartieri di Berlino est architettonicamente non si
differenziano da quelli delle città polacche, ma il maggior benessere di questo
paese ha consentito a chi li abita di rendere i palazzoni meno tristi e
inospitali, rifacendo le facciate con colori più luminosi e cambiando le opache
e piccole porte d’ingresso con più ampi portoni di vetro. Raggiunta la zona
ovest iniziamo a percorrere l’autostrada A9. Poco a sud di Potstdam usciamo e
raggiungiamo il paese di Ferch, dove al camping Neue Scheune ci fermiamo. 35°C e
molta umidità è il clima che troviamo alle ore 18.00.
Il
cielo imbronciato potrebbe regalarci un temporale, noi lo auspichiamo.
Attraverso la Germania
28
luglio - Il mancato temporale e il caldo insistente ci hanno costretto a dormire
con i finestrini aperti, abbiamo comunque riposato. Dopo aver salutato con
l’internazionale "ciao" il giovane gestore del campeggio, riprendiamo
l’autostrada di ieri nella stessa direzione, cioè Monaco. C’è chi sostiene che
il transito della Germania sia noioso. In effetti viaggiare in autostrada è
monotono, ma lo è in ogni paese. Crediamo che la noia sia essenzialmente di
origine psicologica derivante dal fatto di non considerare i giorni del viaggio
di transito come una componente della vacanza. L’autostrada che stiamo
percorrendo si snoda tra saliscendi aperti su ampi panorami o infossati nelle
foreste. Potendo guardare in giro, come chi sta a fianco del guidatore può
capitare, come è successo a chi scrive, di scorgere due caprioli che saltellano
in un campo di mais diretti verso il bosco. Viaggiando verso sud andiamo
incontro a una perturbazione, che inizia a farsi sentire quando ci fermiamo per
il pranzo, consumato poco prima di Norimberga. Superata la città usciamo
dall’autostrada e seguiamo la direzione Ulm. Ora il cielo è sereno. Transitiamo
in una bella e boscosa zona collinare, protetta come parco naturale e scendiamo
verso il Danubio. Sostiamo a Dillingen presso il camping Kanu-club, che è posto
proprio sulla riva del fiume.
Verso
Milano
29
luglio - Sveglia libera, oggi ci attende un tragitto non molto lungo, per questo
motivo entreremo in autostrada solo quando saremo in Svizzera. La pioggia che
nella notte è caduta con intermittenza ci lascia partire prima di riprendere a
scendere.
Siamo
stati fortunati: in questa vacanza non è quasi piovuto e quando è successo o era
sera o eravamo in viaggio.
Tom ci
guida sicuro e in modo perentorio ripete più volte le indicazioni, forse perché
ieri ogni tanto non tenevamo in considerazione ciò che ci diceva a causa di
alcune Umleitung, deviazioni obbligatorie, dovute a dei lavori in corso.
Viaggiamo attraverso l’ondulato Baden Wűttenberg, lungo strade che passano per
ordinati paesini e produttive campagne sfruttate in modo orticolo. Le città le
superiamo percorrendo le loro strade circolari periferiche. Vediamo in
lontananza svettare il campanile della cattedrale di Ulm, a Bad Waldsee passiamo
davanti alla fabbrica della Hymer, l’azienda che costruisce i camper dei nostri
sogni, a Ravensburg, die Spielenstadt, costeggiamo il fabbricato dell’omonima
ditta di giocattoli.
Dal
Baden Wűttenberg passiamo in Baviera. A Lindau sostiamo per il pranzo in un’area
attrezzata. Poi, attraversando la città, si scatenano le emozioni di Paola, che
in questa località è venuta adolescente a consolidare le sue abilità
linguistiche. Lanciamo uno sguardo al lago, dove dei temerari sono immersi, al
treno ad alta velocità, che ci passa accanto rapido e silenzioso: che contrasto
con il rumoroso sferragliare dei traballanti tram di Danzica!
Siamo
a Bregenz, in Austria. Lo si capisce dal costo del carburante più basso rispetto
alla Germania. E’ ora di alimentare il nostro camper. In Svizzera seguiamo la
direzione San Bernardino. Scendendo verso Lugano notiamo che i lavori in corso,
che avevamo incontrato tornando dalla Danimarca quattro anni fa, non sono ancora
terminati. Si rivaluta ai nostri occhi la cara Italia. A Chiasso in frontiera
c’è un po’ di coda. Si avanza lentamente. Sbirciamo dentro i mezzi italiani e
stranieri che ci sono vicini. Vediamo sguardi speranzosi e sguardi soddisfatti,
sguardi in attesa di essere colmati e sguardi pieni di ricordi, vediamo gente
appena partita e gente in rientro.
Da
ultimo vediamo che nella macchina che ci precede c’è una famiglia di origine
asiatica. I bambini passando davanti al finanziere lo salutano con la mano,
ricevono in cambio un ampio sorriso, che dice molto dell’umanità dei nostri
uomini in divisa.
Alle ore 20.10 posteggiamo il camper sotto casa.
Paola,
Giuseppe e… Tom vi ringraziano per l’attenta lettura e vi danno appuntamento al
prossimo libro!
Allegato:
riassunto e notizie utili
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