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La montagna non è mai uguale a se stessa.

Bisogna osservarla, osservarla di continuo, , scrutarla, credere nella sua sorprendente bellezza. E’ così che alzando lo sguardo verso i nevai arrossati dalla sabbia sahariana vediamo due camosci saltellare con grazia ed equilibrio.

L’appagamento è grande e trova ulteriore pienezza quando in alto la valle trasforma il suo profilo e si distende nell’erboso pianoro chiuso ad emiciclo dal circo un tempo glaciale offrendo tenere erbe alle mandrie ormai sgravate.

Quando tutto sembra ormai concluso, sulla via del ritorno, ecco l’incontro: un solitario e schivo camoscio, emblema del parco, abbandona di fronte a noi la strada per inerpicarsi sulla morena.

Affinché i nostri racconti siano davvero credibili, per un po’ il protagonista della scena si mette in posa e si lascia fotografare; poi svelto si inerpica tra le rocce e si nasconde nella boscaglia.