ASSISI - ROMA

Dalla Porziuncola a San Pietro sulle orme di Francesco

Quella che segue non è la cronaca di un’impresa sportiva, ma di un cammino attraverso le strade di San Francesco, utilizzando la bicicletta, che mossa solo dalle nostre forze consente tempi e ritmi del passato.  

L’importanza del viaggio è rilevata dalla sua difficoltà, rapportata alle nostre capacità e alle nostre esperienze. Le cose facili si dimenticano più facilmente, incidono meno sulla nostra esperienza, in prospettiva perdono valore.

Lo studio dell’itinerario, l’individuazione delle tappe e dei luoghi di riposo, la ricerca dell’acqua e di cibo con cui recuperare le energie dissipate, l’incontro con un anonimo cicluturista straniero, due parole e via, senza sapere da dove veniva e dove andava, la fatica nello spingere le bici sulla china dei monti, l’arrivo nel fresco della vecchia stazione di posta, ora adattata ad accogliere i nostri cavalli di ferro, le parole del Santo Padre all’Angelus della domenica, finalmente non più mediate dall’etere.

Tutti ricordi che rimarranno sempre nella nostra memoria, assieme alla consapevolezza di aver vissuto intensamente il Giubileo del Secondo Millennio.

 

La giornata più lunga:  6 luglio:  i Sessantasei km da Assisi a Spoleto  (  4 ore e mezza di pedalata effettiva)

La prima tappa, sebbene affrontata con l’entusiasmo che prende chi inizia un’avventura, è stata piuttosto pesante, avendo compreso i trasferimenti da Milano a Perugia e da Perugia ad Assisi, rispettivamente fatti in automobile e in bicicletta.

Non avendo nessuna nota particolare da segnalare circa il tragitto automobilistico, il nostro racconto inizia da quando ci mettiamo in sella alle nostre biciclette.

Lasciato l’aeroporto di Perugia, svoltando a sinistra, pedaliamo lungo la strada provinciale dirigendoci verso il monte Subasio, che chiude l’orizzonte dominando Assisi.

Il cielo terso, l’aria fresca rispondente all’ora solare, fanno risaltare i colori della campagna che sta in bilico tra tradizione e innovazione.

E’ così che tra le verdi coltivazioni del mais in fiore ci si presenta, inaspettato, un allevamento di struzzi: la carne del futuro!  E’ tanta la sorpresa che, come bimbi allo zoo, ci fermiamo ad osservare incuriositi questo paesaggio australe.

    Di nuovo in sella, ripreso il buon ritmo della pedalata, ormai in vista di Santa Maria degli Angeli, è il sibilo intermittente di una banale foratura a determinare un’altra pausa. Per Giuseppe, provetto ciclista, la riparazione della sua ruota posteriore non è un problema, ma solo una fastidiosa perdita di tempo, perché per cambiare la camera d’aria deve necessariamente liberare la bicicletta dal bagaglio.  

Finalmente alle ore 13 inizia ufficialmente il nostro pellegrinaggio giubilare.

Siamo alla Porziuncola: nelle mani di Maria affidiamo la fatica che ci attende, piccolo segno del nostro cammino incontro a Gesù.

Lasciamo ora Assisi e seguiamo la strada provinciale in direzione di Foligno,   immersi in un paesaggio reso   

                                           giallo dai campi pettinati di girasoli che si alternano a quelli ormai esausti per la recente mietitura.

Arrivati a Foligno ci immettiamo sulla statale Flaminia e la seguiamo fino a Spoleto, passando accanto a paesi abbarbicati sui colli, come Trevi.

Il caldo è sempre più opprimente, il traffico camionale è intenso e veloce, ma per fortuna c’è un’ampia banda pedalabile al bordo della carreggiata, che offre protezione e ci difende da quei mezzi pesanti che, strombazzando, ci rasentano incuranti dei nostri diritti e ci inondano di gas irrespirabili.

La leggera salita, il monotono paesaggio industriale, nonché la stanchezza dovuta alla precoce sveglia mattutina, contribuiscono a far sembrare lunghi gli ultimi chilometri.

A sera, in Spoleto, cerchiamo un ciclista per reintegrare il nostro magazzino ricambi, nella speranza di non doverlo svuotare più. La ricerca viene, però, presto disillusa da una vigilessa che, un po’ stupita, ci spiega come non sia possibile la cultura della bicicletta in una cittadina tutta in salita!

La cena è davvero un po’ speciale: la consumiamo in un fresco giardino gustando alcuni piatti tipici della cucina umbra.

Ritornati in albergo la notte ci avvolge in un sonno profondo.

Quando il nostro gallo ci sveglia, siamo veramente riposati e pronti per la seconda tappa.

 

 

 

La giornata più faticosa : 7 luglio:  i settantasette km da Spoleto a Civita Castellana (   sei ore e un quarto di pedalata effettiva    )

Sono le ore 8 quando iniziamo a pedalare sotto un cielo velato, che lascia immaginare una giornata torrida.

Oltrepassata Spoleto attraverso la galleria che lo sottopassa, ci inerpichiamo verso il valico della Somma, 649 m, seguendo la statale Flaminia, che si snoda con ampi tornanti lungo i fianchi boscosi dell’Appennino. La veloce discesa verso Terni viene interrotta da un cenno di arresto di un cicloturista straniero, che sta percorrendo la strada in senso opposto: le poche parole scambiate in un inglese essenziale offrono a ciascuno una breve condivisione.

Un saluto, un augurio, e di nuovo sui pedali ci allontaniamo ognuno verso la sua destinazione. In Terni troviamo l’agognato ciclista e ci sentiamo finalmente tranquilli.

Proseguiamo in direzione di Narni: la strada diventa via via impegnativa: aumenta la pendenza e il sole inizia a farsi sentire.

Superata la cittadina medioevale sorta su uno sperone di tufo, continuiamo la salita fino al culmine dello spartiacque che separa il bacino del Tevere da quello della Nera.

Quel poggio naturale apre lo sguardo a destra sulla piana di Terni, tappezzata di campi e uliveti sempre più aggrediti dai capannoni industriali, e a sinistra sullo scosceso vallone boscoso e selvaggio della Nera, ferito qua e là da affioranti spuntoni di roccia.

La discesa verso Civita Castellana è quasi un’illusione perché, pur essendo la nostra meta situata a 150 m, la strada ci fa inerpicare e scendere in una successione di ripide colline, che la segnaletica stradale declassa a dossi.  Sono ormai le ore 13, quando ci fermiamo per un po’ di riposo e di recupero energetico.

Il pranzo è  un fresco gelato artigianale alla frutta, consumato a Otricoli, un silenzioso paesino sorto su antiche vestigia romane.Ripresa la strada, incrociamo per la prima, e non ultima volta il Tevere: oramai ci siamo!

L’ultimo tratto di strada si abbatte su di noi come un macigno. Il caldo torrido è alimentato da un crescente vento di scirocco, che strappa il calore all’asfalto per riflettercelo addosso come una colata lavica. Ma tanta fatica viene infine ripagata dalla straordinaria accoglienza della signora Giuseppina di " Casa Ciotti ", l’azienda agrituristica che abbiamo scelto per la notte. Acqua e frutta di stagione fresche di cantina sono il primo sollievo che troviamo nel monolocale ricavato dalla suddivisione di questa antica stazione di posta, dai muri spessi un metro.

Fuori un ampio giardino erboso e comode poltroncine e una piscina… peccato non aver portato i costumi !

Scartata la soluzione della cena “fai da te”, abbiamo fatto esercizio di defaticamento percorrendo a piedi i 3 km, che separavano il nostro alloggio dal centro di Civita Castellana.  Seguito e apprezzato il consiglio della signora Giuseppina: alla trattoria Mignolò il menù è ottimo, la cucina casalinga, la spesa modica.

 

La giornata più difficile: 8 luglio:  sessantadue chilometri e saremo a Roma (quattro ore  di pedalata effettiva )   

Dopo una nutriente colazione a base di prodotti dell’agricoltura biologica, è iniziata la nostra ultima tappa del pellegrinaggio.La strada Flaminia, che abbiamo ripreso, si estende verso  Roma seguendo un percorso ondulato tra declivi lasciati a bosco naturale e noccioleti ed uliveti che racchiudevano conche cerealicole.La strada è piacevole e l’aria mattutina non ancora arroventata ci consente di pedalare in scioltezza e di scambiarci le nostre emozioni, accompagnati dal profilo del Monte Soratte. Improvvisa dietro una curva, all’inizio di un nuovo dosso, la strada viene affiancata dalla vecchia Flaminia: pochi metri ancora ben lastricati che si inerpicano su per il pendio. Perché i romani, così abili a costruire ponti per il trasporto dell’acqua, non hanno pensato di pianificare anche i tracciati stradali?

La pedalata diventa sempre più difficile e rischiosa man mano che ci avviciniamo alla capitale, perché viene a mancare la banda pedalabile, il traffico è notevole ed, essendo sabato, è caratterizzato anche da gruppi di centauri che in sella a potenti moto, sfrecciano in gruppo come fossero su circuiti di gara.

Ci sembra a questo punto opportuno segnalare che dal momento della nostra partenza da Milano al nostro arrivo in Piazza San Pietro non abbiamo incontrato una pattuglia della polizia stradale, né in autostrada, né sulle strade ordinarie. E’ questa la sicurezza che viene garantita sulle strade del nostro paese?

 L’ingresso in Roma richiede ulteriore attenzione quando la Flaminia diventa superstrada.

 

Alle ore 13.30 siamo finalmente in Piazza San Pietro. La nostra gioia si riflette negli sguardi soddisfatti di altri cicloturisti che, come noi, ciascuno secondo le sue capacità, hanno realizzato il sogno del proprio pellegrinaggio giubilare.

Sono ormai quasi le ore 15, quando arriviamo all’Istituto Santa Rufina e Seconda e siamo accolti con una gioia indescrivibile da suor Elena. 

Un’ampia e linda camera, che si affaccia sul cortile interno rinfrescato da una zampillante fontana, è il nostro nido romano.

 

 

 

 

9 luglio:  Roma- Il Giubileo

 

 


Alzati di buon mattino, partecipiamo alla Santa Messa nella chiesa di Santa Maria in Trastevere.

    Ci rechiamo, poi, in San Pietro, dove acquistiamo il Giubileo e all’Angelus, con nostra immensa gioia scopriamo dai saluti del Papa di essere stati attesi: in quel giorno si è celebrato il giubileo dei ciclisti.

  

 

Dopo la benedizione papale, carichi di rinnovata speranza, rapidamente raggiungiamo Fiumicino, dove recuperiamo l’automobile per tornare a Milano. Le ultime luci del giorno, che si spengono davanti a noi, lasciando strascichi di fuoco, ribadiscono la fine di un’intensa esperienza e ci aprono un nuovo orizzonte di impegno e di vita.

Greatings

Ai nostri figli Daniele e Simone, che per quattro giorni sono riusciti a sopravvivere senza la nostra ingombrante presenza!

A suor Chiara e alle sue consorelle,che ci hanno accolto con gioia e ci hanno fatto assaporare la pace del convento, oasi di tranquillità nella frenesia della metropoli.

A don Guerino,che ci ha consigliato su come rendere  il pellegrinaggio un cammino di fede 

A Giuseppina Flamini, per la squisita ospitalità nel suo agriturismo

 

 

Milano, agosto 2000